Descrizione
Un luogo d’incanto, che sorprende viaggiatori e pellegrini per la sua straordinaria bellezza, nascosta nella quieta della pianura friulana. Il toponimo Sesto deriva dal fatto che in età romana l’insediamento era posto nei pressi della sesta pietra miliare della strada che da Julia Concordia conduceva al Norico.
La storia di Sesto al Reghena è indissolubilmente legata all’abbazia benedettina di Santa Maria in sylvis, così definita perché adagiata in una estesa foresta. Questa fu fondata in epoca longobarda, negli anni attorno al 730-735 d.C.. Il punto di svolta per il complesso monastico giunse nel 762 d.C., quando i fratelli Erfo e Marco, figli del Duca Pietro e di Piltrude, nobili longobardi, donarono all’abbazia vastissimi possedimenti non solo nella regione friulana, ma anche nel Veneto, nell’Istria ed oltre; altre donazioni verranno poi da duchi e privati e saranno, come quelle dei fondatori, riconosciute e privilegiate di immunità da Carlo Magno (775), Lotario I (830), Ludovico II (865), Carlo III (881 e 887) e Berengario I (888).
Tra l’889 d.C. e il 925 d.C. la regione fu sconvolta dalle scorrerie degli Ungari, che diedero fuoco all’Abbazia. Seguì un periodo di rinascita che culminò nel 960, con la conferma in capo a Santa Maria dei suoi beni e diritti da parte di Ottone I. L’imperatore nel 967 la cedette, con tutte le sue pertinenze, al patriarca di Aquileia Rodoaldo. L’abbazia fece parte del Patriarcato del Friuli fino alla dominazione della Serenissima.
La chiesa abbaziale prese forma fra il XII e il XIII secolo, per essere sostanzialmente risistemata nel XV secolo; nel XX secolo ha subito una serie di restauri (1905-1914, 1932 e 1981). Il vestibolo è completamente affrescato con il ciclo dell’Inferno, il ciclo del Paradiso e il ciclo di San Michele, opere risalenti al 1450 circa e che vengono attribuite alla bottega di Antonio da Firenze. Dal vestibolo si passa nell’atrio, con tre navate di età romanica, caratterizzato da un massiccio soffitto del Quattrocento ed affreschi del Duecento.
Del complesso abbaziale, oltre alla basilica, rimangono il robusto torrione d’ingresso, unico superstite delle sette torri di difesa erette nella seconda metà del X sec.; il campanile, già torre vedetta; la cancelleria, con ampia facciata dal sapore romanico: era sede del potere civile e del carcere; la residenza abbaziale, ora Palazzo del Comune; la casa canonica. Accanto al campanile, un bell’arco rinascimentale.
Altre meraviglie ci aspettano appena fuori dal Torrione d’ingresso alla basilica: un giardino all’italiana con 50 varietà di rose, villa Fabris Zanardini e il percorso naturalistico dei Prati Burovich.
A misura di famiglia sono stati anche realizzati itinerari tematici in bicicletta, con il marchio Le Vie dell’Abbazia (www.viedellabbazia-sesto.it), per scoprire i tesori riposti nelle terre degli abati: dai laghi ai molini, dalle chiesette campestri alle residenze venete, fino ai luoghi del cuore narrati da Ippolito Nievo e Pasolini.