Magredi: la grande steppa

Dopo aver visitato il nucleo storico di Valvasone con il suo aspetto medievale costituito da incantevoli calli e antiche dimore munite di portici (di rilevanza il Castello del Lupo e il Duomo del SS. Corpo di Cristo che conserva un importante organo del Cinquecento veneziano), raggiungiamo in auto il Comune di Vivaro che dista circa 14 chilometri di distanza.

Siamo nell’alta pianura friulana, nell’area dei Magredi (terra magra, cioè arida e povera d’acqua per la presenza dei sassi), incisa da due grandi corsi fluviali: il Meduna e il Cellina. È un sito di interesse comunitario (Sic) appartenente alla rete natura 2000.

Itinerario

Di particolare interesse, oltre alle escursioni in bicicletta, i percorsi didattici e laboratori adatti a bambini e adulti guidati da esperti non solo locali, ma anche programmi con escursioni classiche per gruppi attraverso i tre ambienti dei Magredi (info Pro Loco Vivaro presso Municipio 0427-97015).

Per coloro che intendono muoversi in autonomia consigliamo i percorsi ‘Pierditi intal Patus’ (titolo di una mappa che invita tutti a perdersi nella bellezza dei prati stabili). Un modo per osservare da vicino e in silenzio i colori di una natura unica e selvaggia, come la pianta ‘Crambe tataria’ conosciuta come erba dei tartari, unica in Italia.

Tre i percorsi sulla prateria. Il primo (1a-1b) breve di 1 km con ingresso sulla strada Vivaro- San Foca rivolto soprattutto ai bambini. I percorsi 2 e 3 di 4/6 km (inizio escursione tabelloni installati sotto il ponte del Cellina) attraversano i tre ambienti del magredo (greto, magredo primitivo ed evoluto), fino a raggiungere l’uscita del segnavia ‘Pierditi intal Patus’, sulla strada per Vivaro.

Al termine per assaporare in relax un autentico spuntino contadino a Vivaro c’è il rifugio dei Benandanti (buoni camminatori), all’ingerno del podere gestito dai Gelindo dei Magredi con fattoria didattica: scuderia, orto biologico, museo contadino, spaccio agricolo e tanto altro (info 0427 97037).

Le Vie dell’Abbazia (in bici in un paesaggio naturale ) – Cordovado

Un luogo d’incanto, che sorprende viaggiatori e pellegrini per la sua straordinaria bellezza, nascosta nella quieta della pianura friulana. Un borgo abbaziale Sesto al Reghena, fra i più belli d’Italia. Il toponimo Sesto deriva dal fatto che in età romana l’insediamento era posto nei pressi della sesta pietra miliare della strada che da Julia Concordia conduceva al Norico. Circolarmente piazza Castello custodisce antichi e prestigiosi edifici: Santa Maria in Silvis (così definita perché adagiata in una estesa foresta), di fondazione Longobarda, donata successivamente al Patriarcato del Friuli fino alla dominazione della Serenissima; la Torre campanaria con accanto l’arco rinascimentale. E ancora il Palazzo del Comune, già residenza degli abati, il Palazzo della Cancelleria, sede del potere civile e del carcere. Altre meraviglie ci aspettano appena fuori dal Torrione d’ingresso alla basilica: un giardino all’italiana con 50 varietà di rose, villa Fabris Zanardini e il percorso naturalistico dei Prati Burovich.

A misura di famiglia sono stati anche realizzati itinerari tematici in bicicletta, con il marchio Le Vie dell’Abbazia (www.viedellabbazia-sesto.it), per scoprire i tesori riposti nelle terre degli abati: dai laghi ai molini, dalle chiesette campestri alle residenze venete, fino ai luoghi del cuore narrati da Ippolito Nievo e Pasolini. Le cartine con gli itinerari, qui descritti in sintesi, sono disponibili all’Infopoint di piazza Castello, che offre anche un servizio noleggio bici ‘Sesto by bike’ (prenotazioni al n° 0434.699701 – infopoint.sesto@gmail.com; www.prosesto.org/noleggiobici.html).

 

Itinerario

Le Vie dell’Abbazia: borghi, mulini, antiche chiesette votive e ville venete. Lasciata piazza Castello si attraversa il fiume Reghena percorrendo il borgo fino al limite del centro storico. Ci inoltriamo nella campagna friulana (marcata dalla Romea Strata), lungo le vie Verdi e XXX Aprile: siamo nelle Melmose, zona ricca di corsi d’acqua, campi coltivati e un maneggio. In breve arriviamo al borgo di Savorgnano, dove la segnaletica ci porta a visitare la chiesetta di Santa Petronilla. Tornati a Savorgnano, si percorre la pista ciclabile fino a Vissignano, per poi imboccare via San Rocco con la chiesetta omonima e i Molini Variola. Salendo a sinistra via Viali arriviamo a Ramuscello. Al centro del borgo seguiamo per via Risorgimento e poi via Casali che ci fa vedere la bella Villa Freschi. Da qui prendiamo la strada del ritorno seguendo le indicazioni per le vie Piramidi, Monte Santo, Casette, Siega con il suo incantevole borgo, fino a raggiungere il centro di Bagnarola. Le insegne ci portano in pochi chilometri in località Versiola e, da qui, raggiungiamo via Trieste che ci porta nuovamente nel borgo Abbaziale.

Le Vie dell’Abbazia (lungo fiumi e molini) – Cordovado

Un luogo d’incanto, che sorprende viaggiatori e pellegrini per la sua straordinaria bellezza, nascosta nella quieta della pianura friulana. Un borgo abbaziale Sesto al Reghena, fra i più belli d’Italia. Il toponimo Sesto deriva dal fatto che in età romana l’insediamento era posto nei pressi della sesta pietra miliare della strada che da Julia Concordia conduceva al Norico. Circolarmente piazza Castello custodisce antichi e prestigiosi edifici: Santa Maria in Silvis (così definita perché adagiata in una estesa foresta), di fondazione Longobarda, donata successivamente al Patriarcato del Friuli fino alla dominazione della Serenissima; la Torre campanaria con accanto l’arco rinascimentale. E ancora il Palazzo del Comune, già residenza degli abati, il Palazzo della Cancelleria, sede del potere civile e del carcere. Altre meraviglie ci aspettano appena fuori dal Torrione d’ingresso alla basilica: un giardino all’italiana con 50 varietà di rose, villa Fabris Zanardini e il percorso naturalistico dei Prati Burovich.

A misura di famiglia sono stati anche realizzati itinerari tematici in bicicletta, con il marchio Le Vie dell’Abbazia (www.viedellabbazia-sesto.it), per scoprire i tesori riposti nelle terre degli abati: dai laghi ai molini, dalle chiesette campestri alle residenze venete, fino ai luoghi del cuore narrati da Ippolito Nievo e Pasolini. Le cartine con gli itinerari, qui descritti in sintesi, sono disponibili all’Infopoint di piazza Castello, che offre anche un servizio noleggio bici ‘Sesto by bike’ (prenotazioni al n° 0434.699701 – infopoint.sesto@gmail.com; www.prosesto.org/noleggiobici.html).

 

Itinerario

Le Vie dell’Abbazia: tra storia, arte e natura. Usciti dalla basilica si prende via Roma e, attraverso la stretta calle San Gallo, siamo all’interno dei prati Burovich, uno spettacolo della natura per colori e profumi, e di lì a poco al lago delle Premarine. Ripresa la ciclabile (a destra con le spalle rivolte al lago), si percorre il Reghena fino a giungere a Mure. Passata la chiesetta di San Marco e successivamente quella di San Giuseppe, si prosegue lungo via Piave. Poco dopo inizia, a destra, l’antica strada romana che lambisce la chiesetta di San Pietro, adorata dai sestensi. Ancora pochi metri per arrivare ai Molini di Stalis e, successivamente, alla Fontana di Venchiaredo – cartelli illustrativi – da una strada che attraversa il fiume e si sviluppa sui campi (siamo lungo il cammino di fede della Romea Strata). Ancora poco e si arriva a Cordovado in prossimità del Municipio e del Santuario della Beata Verginee presa la strada regionale a sinistra si piega, subito dopo, su via Casette. In vista del lago Paker, la strada riporta alla Fontana di Venchiaredo e ai molini. Da qui rientriamo a Sesto sullo stesso tracciato dell’andata.

Castello di Toppo e Tamer

Un’escursione a carattere storico-naturalistica in un ambiente rurale fra i più belli d’Italia: Toppo (il nome dal friulano Tóp, toponimo comparso la prima volta nel 1186 con il significato di «grosso tronco d’albero atterrato» ma anche a indicare l’orografia del luogo, il dosso in cui sorge il paese).

Particolarità unica di Toppo e la continuità della memoria dei masi, case rurali a conduzione familiare, che nel medioevo costituivano la base dell’organizzazione agricola. Da uno di questi masi nel XVI si è sviluppato il Palazzo Toppo Wasserman, ai piedi del Castello.

Da qui comincia il nostro percorso. Vale la pena, infatti, parcheggiare l’auto nei pressi della chiesa parrocchiale San Lorenzo e attraversare il borgo per osservare le facciate in sasso (clap), con profili angolari in pietra scalpellinata, così come i riquadri di porte e finestre.

Nei pressi di Palazzo Toppo-Wasserman comincia il sentiero (cartello) che si sviluppa su stradina acciottolata e con muretti laterali a secco, che in breve ci porta al colle del Castello, un’altura rocciosa tra i fiumi Meduna e Tagliamento, alle falde del monte Ciavoleìt, con bella vista sulla pianura friulana, nonchè sulle prealpi Carniche e Dolomiti Friulane.

Restaurato nel 2012, il maniero è uno dei più importanti esempi di architettura fortificata del Friuli del XII-XIV secolo. Il nucleo centrale racchiude la possente torre di avvistamento e difesa; a fianco sorgeva la dimora dei signori di Toppo, mentre nel cortile esterno, protetto da una seconda cerchia di mura, c’erano le stalle. Sul versante sud la cappella di Sant’Antonio Abate con pregevoli affreschi. Il Castello, dopo varie trasformazioni, fu utilizzato fino al XV secolo.

Si prosegue in salita lungo il segnavia principale per raggiungere in breve la casera Tamer, eretta su un piccolo ripiano boscato a quota 574 metri nei pressi di una sorgente e di un pozzo-canale.

Oggetto di manutenzione la struttura, riparata dal vento e contornata da frassini e aceri, offre la possibilità di riparo e il conforto di un caminetto. Per i più allenati è possibile continuare a salire moderatamente scavalcando il monte Davanti (m947) per calare infine sulla valletta di casera Davass.

Ritorniamo, invece, sui nostri passi e utilizziamo un antico sentiero in costante pendenza utilizzato un tempo da las loges, le slitte che venivano impiegate per far scendere a valle i carichi di legna carbone e fieno. Raggiunta una pista forestale, che era servita per una cava di pietra, chiudiamo l’itinerario tornando sul borgo antico nei pressi della chiesa.

Le Vie dell’Abbazia (in bici in un paesaggio naturale ) – Sesto al Reghena

Un luogo d’incanto, che sorprende viaggiatori e pellegrini per la sua straordinaria bellezza, nascosta nella quieta della pianura friulana. Un borgo abbaziale Sesto al Reghena, fra i più belli d’Italia. Il toponimo Sesto deriva dal fatto che in età romana l’insediamento era posto nei pressi della sesta pietra miliare della strada che da Julia Concordia conduceva al Norico. Circolarmente piazza Castello custodisce antichi e prestigiosi edifici: Santa Maria in Silvis (così definita perché adagiata in una estesa foresta), di fondazione Longobarda, donata successivamente al Patriarcato del Friuli fino alla dominazione della Serenissima; la Torre campanaria con accanto l’arco rinascimentale. E ancora il Palazzo del Comune, già residenza degli abati, il Palazzo della Cancelleria, sede del potere civile e del carcere. Altre meraviglie ci aspettano appena fuori dal Torrione d’ingresso alla basilica: un giardino all’italiana con 50 varietà di rose, villa Fabris Zanardini e il percorso naturalistico dei Prati Burovich.

A misura di famiglia sono stati anche realizzati itinerari tematici in bicicletta, con il marchio Le Vie dell’Abbazia (www.viedellabbazia-sesto.it), per scoprire i tesori riposti nelle terre degli abati: dai laghi ai molini, dalle chiesette campestri alle residenze venete, fino ai luoghi del cuore narrati da Ippolito Nievo e Pasolini. Le cartine con gli itinerari, qui descritti in sintesi, sono disponibili all’Infopoint di piazza Castello, che offre anche un servizio noleggio bici ‘Sesto by bike’ (prenotazioni al n° 0434.699701 – infopoint.sesto@gmail.com; www.prosesto.org/noleggiobici.html).

 

Itinerario

Le Vie dell’Abbazia: borghi, mulini, antiche chiesette votive e ville venete. Lasciata piazza Castello si attraversa il fiume Reghena percorrendo il borgo fino al limite del centro storico. Ci inoltriamo nella campagna friulana (marcata dalla Romea Strata), lungo le vie Verdi e XXX Aprile: siamo nelle Melmose, zona ricca di corsi d’acqua, campi coltivati e un maneggio. In breve arriviamo al borgo di Savorgnano, dove la segnaletica ci porta a visitare la chiesetta di Santa Petronilla. Tornati a Savorgnano, si percorre la pista ciclabile fino a Vissignano, per poi imboccare via San Rocco con la chiesetta omonima e i Molini Variola. Salendo a sinistra via Viali arriviamo a Ramuscello. Al centro del borgo seguiamo per via Risorgimento e poi via Casali che ci fa vedere la bella Villa Freschi. Da qui prendiamo la strada del ritorno seguendo le indicazioni per le vie Piramidi, Monte Santo, Casette, Siega con il suo incantevole borgo, fino a raggiungere il centro di Bagnarola. Le insegne ci portano in pochi chilometri in località Versiola e, da qui, raggiungiamo via Trieste che ci porta nuovamente nel borgo Abbaziale.

Le Vie dell’Abbazia (lungo fiumi e molini) – Sesto al Reghena

Un luogo d’incanto, che sorprende viaggiatori e pellegrini per la sua straordinaria bellezza, nascosta nella quieta della pianura friulana. Un borgo abbaziale Sesto al Reghena, fra i più belli d’Italia. Il toponimo Sesto deriva dal fatto che in età romana l’insediamento era posto nei pressi della sesta pietra miliare della strada che da Julia Concordia conduceva al Norico. Circolarmente piazza Castello custodisce antichi e prestigiosi edifici: Santa Maria in Silvis (così definita perché adagiata in una estesa foresta), di fondazione Longobarda, donata successivamente al Patriarcato del Friuli fino alla dominazione della Serenissima; la Torre campanaria con accanto l’arco rinascimentale. E ancora il Palazzo del Comune, già residenza degli abati, il Palazzo della Cancelleria, sede del potere civile e del carcere. Altre meraviglie ci aspettano appena fuori dal Torrione d’ingresso alla basilica: un giardino all’italiana con 50 varietà di rose, villa Fabris Zanardini e il percorso naturalistico dei Prati Burovich.

A misura di famiglia sono stati anche realizzati itinerari tematici in bicicletta, con il marchio Le Vie dell’Abbazia (www.viedellabbazia-sesto.it), per scoprire i tesori riposti nelle terre degli abati: dai laghi ai molini, dalle chiesette campestri alle residenze venete, fino ai luoghi del cuore narrati da Ippolito Nievo e Pasolini. Le cartine con gli itinerari, qui descritti in sintesi, sono disponibili all’Infopoint di piazza Castello, che offre anche un servizio noleggio bici ‘Sesto by bike’ (prenotazioni al n° 0434.699701 – infopoint.sesto@gmail.com; www.prosesto.org/noleggiobici.html).

 

Itinerario

Le Vie dell’Abbazia: tra storia, arte e natura. Usciti dalla basilica si prende via Roma e, attraverso la stretta calle San Gallo, siamo all’interno dei prati Burovich, uno spettacolo della natura per colori e profumi, e di lì a poco al lago delle Premarine. Ripresa la ciclabile (a destra con le spalle rivolte al lago), si percorre il Reghena fino a giungere a Mure. Passata la chiesetta di San Marco e successivamente quella di San Giuseppe, si prosegue lungo via Piave. Poco dopo inizia, a destra, l’antica strada romana che lambisce la chiesetta di San Pietro, adorata dai sestensi. Ancora pochi metri per arrivare ai Molini di Stalis e, successivamente, alla Fontana di Venchiaredo – cartelli illustrativi – da una strada che attraversa il fiume e si sviluppa sui campi (siamo lungo il cammino di fede della Romea Strata). Ancora poco e si arriva a Cordovado in prossimità del Municipio e del Santuario della Beata Verginee presa la strada regionale a sinistra si piega, subito dopo, su via Casette. In vista del lago Paker, la strada riporta alla Fontana di Venchiaredo e ai molini. Da qui rientriamo a Sesto sullo stesso tracciato dell’andata.

Sentiero dei Landris fra cavità e fenomeni ipogei spettacolari

I Landris sono grotte scavate nella roccia che si sono formate dall’erosione impetuosa del torrente Colvera e caratteristiche del fenomeno carsico qui molto evidente. Siamo nel comune di Frisanco, uno dei mille Borghi più belli d’Italia che fa da cornice alle Prealpi Carniche e dove si elevano il monte Raut (in friulano significa rododendro), un bastione di roccia e fiori e il monte Jouf che alimentano le acque del Colvera.

Itinerario. Da Maniago si prosegue in direzione Frisanco. All’uscita della seconda galleria svoltare subito a sinistra e parcheggiare l’auto (si può partire anche da località Fornasatte, un chilometro dopo la galleria, e si procede a piedi attraversando la borgata e poi tramite sentiero che ci porta a una passerella pedonale che attraversa il torrente Colvera). Da questo punto in poi il percorso si svolge su una pista forestale con andata e ritorno nello stesso posto. Siamo nella forra del Colvera di Jouf dove si raggiunge (in pochi metri) il vecchio Ponte delle Pignatte in cui si possono osservare gli imponenti e spettacolari fenomeni di erosione fluviale e non solo: la valle conserva ancora tracce, nelle grotte lungo il torrente, dei primi insediamenti umani della preistoria.

La carrareccia prosegue addentrandosi nel bosco fino ad arrivare ad uno slargo con le sorgenti di un piccolo affluente del Colvera per poi fare un giro ad anello che ci porta sotto le pareti arcuate del Landri Viert (significato di antro, grotta; viert sta per aperto, largo). Il sentiero, poi, sale con alcuni tornanti fino a raggiungere il piano superiore dell’incisione dove iniziamo a scendere fino nuovamente allo slargo iniziale. Ripercorriamo il tratto percorso all’andata e, oltrepassato il rudere, sulla destra prendiamo l’evidente traccia che porta, questa volta, al Landri Scur (grotta buia). Perlustrando l’area si possono osservare altre cavità minori (tutte censite e iscritte al catasto delle cavità naturali) e fenomeni ipogei che segnano la peculiarità di questa valle. Recentemente è stato inaugurato, dal ponte delle Pignatte ai Landris, un percorso botanico dedicato alla memoria di Adriano Bruna, maniaghese mancato un anno fa. Un amante della natura che negli anni Novanta fu tra gli scopritori, assieme al botanico triestino Livio Poldini, della Daphne blagayana, una specie di orchidea che cresce solamente in Val Tramontina.

Il Parco rurale di San Floriano. Una banca genetica

Per il Friuli Venezia Giulia è un bell’esempio di riqualificazione ambientale che si pone come unicità di parco rurale esistente sul territorio nazionale (aperto nel 1980 e catalogato nell’organizzazione di Europarc Federation; la proprietà, invece, è nelle mani della Fondazione Bazzi). La superfice, estesa per circa 45 ettari sul profilo tra il Colle di San Floriano e quello dei Mori, è segnata da piste, carrarecce e sentieri, che numerosi attraversano frutteti, boschi, prati, recinti per animali, pascoli, nonché aree di sosta e di ristoro.

Itinerario. Nel parco diversi sono i modi per vivere un’esperienza unica, immersi nella natura: a piedi, in bici, a piedi nudi (un sentiero tattile si snoda per 900 metri su superfici vegetali e minerali che si alternano a divertenti giochi d’equilibrio). L’itinerario (tre i percorsi segnalati con il simbolo dell’orma di un piede nei colori rosso, giallo e verde) si sviluppa fra prati e boschi alla conoscenza della flora e fauna locale, ma soprattutto è un percorso didattico libero dove il visitatore cammina sulle coltivazioni di piante officinali e aromatiche per sentirne gli odori. Qui viene praticato l’allevamento controllato di bovini, ovini, suini, equini, animali da cortile e intrapresa l’apicoltura. Di interesse, poi, il campo varietale che ne fa del parco una banca genetica con l’intento di valorizzare e preservare le varietà autoctone di piante da frutto locali (melo, susino e pero) e dove, per altro, si sviluppa maggiormente la sperimentazione di agricoltori, studenti e tecnici agronomi. Non può mancare la visita alla bella e antichissima chiesetta di San Floriano che domina la collina. Un edificio costruito anche con materiale di epoca Romana con all’interno pregevoli affreschi del XIII e XIV secolo (d.C). La gestione del parco è affidata alla Cooperativa sociale Controvento (info 331.8913299) che, nelle finalità educative di tutela e valorizzazione dell’area, oltre a coordinare le due foresterie organizza eventi musicali, attività didattiche per tutte le età, escursioni guidate per gruppi e corsi di approfondimento di tecniche agricole e di allevamento.

Nel bel ‘Troi del Gor’

Un ruscello che scorre verso Polcenigo, in un ambiente selvaggio caratterizzato da una rigogliosa e verdissima vegetazione umida, con cascate, sorgenti, ponticelli in legno e canti di uccelli, che si snoda sulle colline di S. Lucia che fanno da rilievo a Budoia e Polcenigo. E’il meraviglioso Troi de Gor (sentiero del Gor), per gli amanti delle acque e dei boschi, coperto da un’intesa vegetazione di faggi e macchie di pungitopo, con felci e muschi, oltre a una ricca fauna specializzata, che lo rendono fiabesco.

Itinerario. Da Polcenigo si sale verso la sorgente Gorgazzo e oltrepassato l’Antico Borgo di origine medievale (borc) si prende a destra (grande cartello illustrativo), una stradina bianca dove di lì a poco fluisce il torrente su dei sassi. Si sale lungo il colle per una carrareccia larga fino a raggiungere in breve la cima del Colle delle Razze segnato da un vecchio rudere. Proseguiamo verso Col Pizzoc con un sentiero ben segnato fino a trasformarsi in strada bianca. Una deviazione segnalata (via della Liberazione) ci permette di visitare l’antichissima chiesa di Santa Lucia al Colle che risale al XIV (siamo a toccare tratti dei cammini San Cristoforo, Sant’Antonio e Camminaboschi, quest’ultimo sono itinerari scelti e redatti del Corpo forestale regionale nell’ottica di una moderna ‘silvoterapia’).

Si cammina sul percorso principale fino a toccare un depuratore dove è necessario fare un’inversione di marcia per non finire a Budoia dove, comunque, c’è un altro ingresso al sentiero. Ora ci si addentra nel sorprendente sentiero Troi de Gor, che segue il ruscello che scorre verso Polcenigo. Una larga pista in lieve ma continua discesa, ci riporta nuovamente fino all’uscita dell’antico Borgo. Nel salire i colli bisogna avere un po’ il senso dell’orientamento, altrimenti la soluzione migliore è percorrere direttamente il Troi de Gor per poi rifarlo al contrario (il bel sentiero inizia sempre dopo l’Antico Borgo, svoltando a sinistra prima del torrente su dei sassi, oppure un po’ più a nord dove Strada Cavalli si esaurisce). E’possibile percorrerlo anche da Budoia, partendo dal parcheggio di via Cialata, alla periferia sud di Budoia. Salita la strada per un centinaio di metri, a sinistra (cartello) si stacca la pista che si addentra nella valletta del Rui de Gor.